Un leone ed una giovane donna marciano guidati da un docile agnello.

Il Quattordicesimo Leone

A gennaio di quest’anno, chiacchierando con un amico, feci una battuta riguardo a chi potesse essere il successore di Francesco. In quell’occasione, senza alcuna particolare serietà, dissi che «il Papa dei sogni» in questo momento sarebbe stato un Leone XIV.

Potete immaginare la mia sorpresa quando il cardinale protodiacono Dominique Mamberti ha pronunciato le parole «…qui sibi nomen imposuit Leonem Quartum Decimum!». Mi aspettavo che il nome del nuovo Papa sarebbe stato più probabilmente Paolo VII o Giovanni XXIV, ad evidenziare una continuità ed un rinnovamento delle riflessioni conciliari, e che con ogni probabilità sarebbe toccato ad un Papa italiano. Chi mi conosce sa perché avrei accolto una simile notizia con sentimenti piuttosto contrastanti.

Invece, dal balcone di San Pietro si è affacciato Papa Leone XIV. Leone. Un nome molto particolare, che già solo per la sua origine «animalesca» evoca ferocia, nobiltà, tenacia, regalità – talora santa, talora minacciosa. Il nome Leone è associato ripetutamente alla giusta furia del Signore, in Osea 11:10 «Il Signore ruggirà come un leone, i suoi figli accorreranno» così come in Isaia 31:4 «Come ruggisce un leone […] così scenderà il Signore per combattere sul monte Sion».

Anche Gesù è definito, nell’Apocalisse 5:5, «Leone della Tribù di Giuda»; infine, il leone rappresenta il giusto, forte del suo amore per il Signore, indomabile di fronte ai malvagi: «Il malvagio fugge anche se nessuno lo insegue, mentre il giusto è sicuro come un giovane leone», recita Proverbi 28:1.

Va detto che la ferocia del leone ha un significato ambivalente nella Bibbia. Spesso il leone raffigura il giudizio severo di Dio sul popolo di Israele, oppure i nemici stessi di quel popolo. In 1 Pietro 5:8 il leone è addirittura associato al diavolo «Il vostro nemico, il diavolo, come leone ruggente va in giro cercando chi divorare». Il leone richiama la forza, il potere, l’autorità: concetti che sono giusti e santi in sottomissione all’unica autorità del Bene divino, ma altrimenti rapidi a degenerare nel diabolico.

Certamente comunque, la simbologia leonina riecheggia nella storia della Chiesa, dell’arte e della letteratura, fino a tempi molto recenti: penso a C.S. Lewis, che nel suo magnum opus incarna il tipo del dominus giusto nel leone Aslan – un personaggio con evidenti richiami Cristici.

È questo leone, immagine regale e vigorosa di Cristo, che questo nome vuole richiamare.

Il Nome Leone nella Storia dei Papi

Indubbiamente, il nome Leone è associato a papi che hanno lasciato un segno imponente nella storia. In questo breve riepilogo cercherò di presentarveli succintamente, omettendo per brevità i Papati meno longevi o meno significativi.

Il primo Leone, Papa San Leone I, guidò la chiesa nel V Secolo. Fu un Papa indubbiamente feroce quanto la fiera da cui prese il nome, e nel senso positivo del termine. Fu il primo Papa Magno, seguito il secolo successivo da San Gregorio Magno. Sotto il suo pontificato il primato ed il ruolo del successore di Pietro assunsero una forma ed una regola giuridica più concrete, fu protagonista della mediazione diplomatica interna all’Impero Romano d’Occidente, sempre più fratturato e vittima degli attacchi barbarici, ed interloquì persino con i barbari, arrivando a convincere Attila a ritirarsi dall’Italia risparmiando Roma dal sacco.

Sul piano della fede, Papa Leone I fu un difensore appassionato dell’ortodossia e della disciplina ecclesiale e sacramentale. Combatté il pelagianesimo, l’eresia che vede l’uomo come capace di procurare da sé la propria salvezza, ed il manicheismo, l’eresia orientale che vede Dio ed il Maligno come due entità paritarie e contrapposte. Il suo Tomus ad Flavianum fu accolto dal Concilio di Calcedonia nel 451 e divenne la formula dogmatica che afferma l’esistenza delle due nature, divina e umana, unite nella sola Persona di Cristo.

Il primo Papa ad incoronare un imperatore fu Papa Leone III: nel Natale dell’anno 800, egli incoronò Carlo Magno primo imperatore dell’Impero Carolingio. Fu il momento germinale di ciò che diverrà poi il Sacro Romano Impero.

Papa San Leone IV, nel IX secolo, organizzò una «lega santa ante litteram» per respingere le invasioni saracene. Nell’anno 849, a largo di Ostia, le città italiane ottennero una definitiva vittoria marittima sulla flotta saracena – quasi premonitrice della celebre Battaglia di Lepanto del 1571. La battaglia pose fine alle scorrerie saracene nel Lazio. In seguito, lo stesso Papa fortificò la Città Santa con le famose Mura Leonine.

Sulla scia del suo primo eponimo, anche Papa San Leone IX nell’XI secolo fu al contempo custode della dottrina, riformatore e politico attivo. Il suo papato iniziò sul tono della disciplina ecclesiale, condannando fortemente le pratiche di simonia – l’acquisto dei titoli episcopali – che andavano diffondendosi. Identificò e combatté la pratica scandalosa, diffusasi tra il clero romano, di tenere concubine.

Fu poi il primo Papa in quasi duecentocinquanta anni a viaggiare oltre le Alpi, in Europa, tra la Germania e la Francia; viaggio che intraprese più volte, interagendo personalmente con l’Imperatore Enrico III. Leone IX tentò di riparare i rapporti con la chiesa bizantina dalle tensioni formatesi nei secoli precedenti, anche in funzione di bilanciare il peso dell’Imperatore ed espandere l’influenza dello stato pontificio nel sud Italia.
Il tentativo purtroppo fallì – e per una controversia diplomatica causata dai legati pontifici in Costantinopoli, si trovò, essendo in verità già morto da qualche giorno, ad essere il Papa sotto cui avvenne la scomunica del Patriarca di Costantinopoli. Fu l’inizio dello Scisma d’Oriente, la prima grande frattura della cristianità.

Circa cinquecento anni più tardi, Papa Leone X, il celebre Giovanni de’ Medici, si trovò anch’egli al centro di una grande frattura della fede: la riforma Luterana. Papa controverso – se non altro per l’evidente ruolo della sua discendenza nella sua elezione, specie in considerazione della sua giovane età – fu spesso oggetto di critica aspra. In realtà, anche egli un abile politico, capace di rinsaldare il ruolo dello Stato Pontificio dopo due secoli di decadimento, ma anche un capace pastore, in grado sanare gli strascichi del breve Scisma d’Occidente – conflitti di potere interni alla compagine vescovile che rischiavano di fratturare la Chiesa.

Purtroppo, la frattura nella Chiesa arrivò ugualmente. Il suo ruolo nella riforma Luterana, che iniziò con l’affissione delle 95 tesi nel 1517, fu legato almeno in parte alla sua decisione di incentivare, tramite l’offerta di indulgenze, donazioni di carattere economico alla Chiesa: donazioni che furono destinate alla costruzione della meravigliosa Basilica di San Pietro. Non si macchiò mai direttamente, a parere della maggior parte degli storici, di una esplicita e diretta vendita di indulgenze, come contestava Lutero; sebbene questo sicuramente fosse avvenuto presso il clero più «basso». Tuttavia il suo nome rimarrà oggetto di controversia e divisione col mondo protestante.

Nel mezzo delle rivoluzioni del milleottocento, tra le istanze liberali ed i furori socialisti, si trovò Papa Leone XII. Il suo papato non durò molto, appena sei anni caratterizzati da un precario stato di salute, ma seppe distinguersi per un vigore tradizionalista ed un atteggiamento di rifiuto dei moti ottocenteschi che lo collocano decisamente nel movimento «restauratore».

Il penultimo leone, Papa Leone XIII, fu protagonista dal 1878 al 1903 di un pontificato straordinariamente lungo: ben 25 anni. Papa fra i più celebri e famosi: egli governò una Chiesa definitivamente spogliata del proprio potere temporale – il Regno d’Italia aveva preso Roma appena otto anni prima. Ciò nonostante, non rinunciò mai al ruolo del papato nella mediazione delle cose del mondo. Fu sempre affacciato alla politica europea e globale, rendendosi protagonista di opere di mediazione e compromesso, cercando vigorosamente di difendere gli interessi morali e sociali dei cattolici.

Fu un Papa caratterizzato da una spiritualità forte e profonda. Quando lo stato italiano inaugurò la celebre statua A Giordano Bruno in Campo dei Fiori, in una giornata contraddistinta da un trionfalismo anticlericale ed anticristiano, Leone XIII si raccolse per l’intero giorno in preghiera ininterrotta e digiuno, dinnanzi all’immagine di San Pietro.

Fra i contributi più rimarchevoli di Papa Leone XIII, vi è un deciso cambio di direzione nell’approccio della Chiesa ai fenomeni economici e sociali causati dal liberalismo ottocentesco. Fino ad allora l’approccio era stato prevalentemente caratterizzato dal distacco e dalla disinteressata condanna, e di questa postura si erano resi protagonisti in particolare i suoi predecessori Gregorio XVI e Leone XII. Con la pubblicazione della Rerum Novarum, «[diffusasi ormai la smania] delle Cose Nuove», il Papa entra decisamente nei problemi della modernità e da una legittimazione decisa a quello che sarà lo sviluppo della Dottrina Sociale della Chiesa.

La Chiesa produce finalmente una riflessione forte sui rapporti economici della nuova era industriale, fortemente radicata nella Scrittura, e che rigetterà con decisione tanto la lotta di classe proposta dal socialismo, tanto l’individualismo e l’amoralismo economico del capitalismo. Si propose così una terza via, che integrava la libertà di impresa e di sviluppo economico dell’individuo con la destinazione sociale della ricchezza e la dignità inviolabile del lavoratore.

La Visione di Papa Leone XIII

Il nome di Papa Leone XIII, tuttavia, è gravato da una leggenda di natura mistica piuttosto inquietante.

Il 6 gennaio 1884, Papa Leone XIII ordina che al termine di ogni Messa bassa in tutto il mondo si recitino tre Ave Maria, il Salve Regina e una colletta per la libertà e la santità della Chiesa. Due anni più tardi, a queste preghiere si aggiunse una invocazione di esorcismo a San Michele, da recitare dopo la messa bassa. La preghiera fu redatta personalmente dal Papa. L’ordine non sembra essere stato accompagnato da una particolare giustificazione.

Fu solo cinquant’anni dopo, che il sacerdote Domenico Pechenino, impegnato al servizio di sagrestia in Vaticano, spiegò con una sua testimonianza – a metà tra confessione e leggenda – cosa fosse accaduto.

In quel periodo, accadde che durante la celebrazione di una messa nella Cappella Paolina, il Papa improvvisamente si arrestò. Rimase come immobilizzato per qualche minuto, con una espressione esterrefatta, gravata di stupore ed orrore; con gli occhi sbarrati. Poi, ripresosi, si diresse con fretta verso il suo ufficio. Ad i suoi inservienti, che lo incalzavano per capire cosa fosse successo e come si sentisse, rispondeva «niente, niente».

Si pensò ad un malore, ma presto il Papa riemerse dal suo raccoglimento e, questo facendo, consegnò la preghiera citata in precedenza: una supplica esorcistica a San Michele Arcangelo, rimasta in uso sino al Concilio Vaticano II, circa ottanta anni dopo.

Il racconto si è poi arricchito di ulteriori testimonianze, alcune attribuite a confidenti stretti di Papa Leone XIII, ma purtroppo apparentemente impossibili da distinguere dalla pietà popolare. Secondo questi racconti, il Papa avrebbe avuto una visione mistica. Avrebbe visto la terra dilaniata ed e invasa dai demoni, che commettendo ogni genere di nequizia e bestemmia raggiungevano persino San Pietro, minacciando di distruggere la Chiesa stessa. Nel mezzo a questa visione, il Papa avrebbe percepito due voci, appartenenti rispettivamente al Signore ed a Satana.

I due avrebbero avuto un dialogo, in cui Satana avrebbe sfidato il Signore, dicendo che se lasciato pienamente libero di agire sugli uomini, in non più di un centinaio d’anni la Chiesa sarebbe stata distrutta. Stando ai racconti, Signore avrebbe poi accettato questa sfida.

Questa scena, descritta dal racconto popolare, ha una curiosa affinità con la dinamica descritta nel libro di Giobbe, in cui Satana «l’accusatore» sfida il Signore ad una sorta di scommessa sulla fedeltà del suo servitore.

Giobbe 2:3-6:

3 Il Signore disse a Satana: “Hai posto attenzione al mio servo Giobbe? Nessuno è come lui sulla terra: uomo integro e retto, timorato di Dio e lontano dal male. Egli è ancora saldo nella sua integrità; tu mi hai spinto contro di lui per rovinarlo, senza ragione”. 4 Satana rispose al Signore: “Pelle per pelle; tutto quello che possiede, l’uomo è pronto a darlo per la sua vita. 5 Ma stendi un poco la mano e colpiscilo nelle ossa e nella carne e vedrai come ti maledirà apertamente!”. 6 Il Signore disse a Satana: “Eccolo nelle tue mani! Soltanto risparmia la sua vita”.

Sappiamo tutti che le rivelazioni private, sia pure di un pontefice, non appartengono al deposito della fede. Nessun cristiano è tenuto a credervi. Tanto meno quando si tratta rivelazioni così offuscate dalla pietà popolare e dalla leggenda.

Tuttavia, vista anche la fama di questa storia, diffusissima sin dagli anni cinquanta, è difficile non guardare al secolo che succedette la drammatica visione con una certa inquietudine: dall’affermarsi definitivo del secolarismo, alle «inutili stragi» delle guerre mondiali, ai genocidi, al degrado totale della morale e dell’uomo nella seconda metà del novecento nelle istanze della Contestazione sessantottina e della rivoluzione sessuale.

Nella Chiesa, il ventesimo secolo ha visto la penetrazione nelle università, nei seminari, e persino nelle diocesi di idee teologiche che sono totale negazione della Verità di Cristo, forme di relativismo e universalismo religioso, negazioni dell’unicità e universalità di Gesù Cristo, ed altre deviazioni.

Consideriamo persino l’impatto del Concilio Vaticano II. A personalissima opinione di chi scrive, esso ha prodotto come risultato finale un patrimonio documentale in straordinaria continuità con la Tradizione e l’ortodossia. D’altra parte è innegabile che i frutti culturali che il concilio ha prodotto, complici anche forti distorsioni mediatiche, siano totalmente diversi – sempre a personalissima opinione di chi scrive.

Negli anni che seguirono il Concilio, vi fu un entusiasmo di movimenti clericali e laici, tra cui alcuni di innegabile valore e ricchezza per la fede.

È però difficile negare che vi fu altrettanto un sempre crescente abbandono delle chiese da parte del popolo, un crescente disinteresse verso le verità secolari della Chiesa, una drammatica rinuncia allo spirito di testimonianza ed un calare della fiducia nella Verità assoluta, eterna ed universale del Cristianesimo. Certamente questo decadimento fu causato da molteplici fattori, rintracciabili principalmente nei movimenti culturali della società civile nello stesso periodo; nell’urbanizzazione, nelle nuove tecnologie.

Tuttavia non serve né una spiccata capacità d’osservazione, né un indole eccessivamente tradizionalista per notare nel novecento un insinuarsi serpentino e sottile di un pensiero anti-cristico nella Chiesa: uno spirito che, se ha fallito nel corrompere il frutto di insegnamento del Concilio Vaticano II, certamente si è insinuato nel suo prodotto culturale ed in particolare nella cultura clericale ed accademica post conciliare.

Tutto questo è, ribadisco ancora una volta, personalissima opinione di chi scrive. Tuttavia è un fatto che Papa Giovanni Paolo II dovette pubblicare nel 1990, la Redemptoris Missio, un invito a rinvigorire la fiducia nel compito della Chiesa ad annunciare l’unico, universale Vangelo di redenzione.

Altrettanto è un fatto che nel 2000, assieme all’allora Prefetto per la Congregazione per la Dottrina della Fede Joseph Ratzinger – poi Papa Benedetto XVI – il Papa fu costretto a ribadire quelle che sono verità fondamentali della fede cristiana, ma che evidentemente necessitavano di essere ribadite, pubblicando la Dominus Iesus.

Pensiamo al contrasto tra la reazione del teologo e sacerdote Hans Küng, che definì la Dominus Iesus «un miscuglio di arretratezza medioevale e megalomania vaticana», e quanto dichiarerà invece a riguardo della stessa il Cardinale Giacomo Biffi:

Che la Congregazione per la Dottrina della Fede abbia ritenuto di dover intervenire con la dichiarazione Dominus Iesus circa l’unicità e l’universalità salvifica di Gesù e della Chiesa è di una gravità senza precedenti: perché in duemila anni mai si era sentito il bisogno di richiamare e difendere verità così elementari.

La sintesi finale di questo ragionamento è questa. Da Leone XIII ad oggi, il mondo ha vissuto un secolo di straordinario mutamento. Si sono consumati alcuni dei momenti più drammatici della storia; la società civile, anche nella lunga pace che è seguita alle guerre mondiali, ha proseguito in un degrado culturale e morale radicale ed in un allontanamento in massa dalla fede.

Nella Chiesa stessa è chiaramente visibile lo svilupparsi di una tensione tra un insegnamento formale e Papale che, seppure in una forte evoluzione pastorale, rimane ancorato alla tradizione ed alla buona dottrina, ed una cultura teologica e clericale alle volte ambiguamente protesa ad un matrimonio – anzi, direi un unione civile – col mondo, a scapito del Vangelo.

Tutto questo si verifica in un quadro mistico che pone le sue radici nella – sia pure leggendaria e ricca di dettagli di dubbia autenticità – visione di Papa Leone XIII. Una visione che, vorrei fosse ben chiaro, nessuno che conosca anche superficialmente Papa Leone XIII può ignorare.

Papa Leone XIV

Nello scegliere il nome di Papa Leone XIV, il Cardinale Robert Francis Prevost si pone quindi al culmine di questa storia intrigante e misteriosa. Una storia che nella sua dimensione mistica, nella sua epica di lotta spirituale, mi sembra avere peraltro qualcosa di straordinariamente Agostiniano.

Il nome Leone pone poi il nuovo Papa dentro una eredità di Papi tenaci, feroci difensori della Chiesa e determinati protagonisti della politica e della diplomazia del loro tempo, nonché veri custodi della dottrina.

Il predecessore Francesco si è distinto per il suo esempio straordinario di pastorale, prima di tutto nella sua vita e nel suo approccio di carità al mondo. Allo stesso tempo Francesco è stato criticato per una certa mancanza di chiarezza nella dottrina e nella governance della Chiesa, ed il suo approccio innovatore alle forme ecclesiali fu per alcuni esemplare e per altri controverso.

Rispetto a questa eredità, il nuovo Leone si pone allo stesso tempo in continuità e discontinuità. Da un lato, il ritorno ai vestimenti classici. Tutti si chiedevano se il nuovo Papa avrebbe o meno indossato la mozzetta: non possiamo pensare che la decisione sia solo casuale.

D’altra parte, l’apertura del suo papato è stata all’insegna della pace, della misericordia e della sinodalità: in piena continuità con i temi che sono stati più cari a Papa Francesco.

Per quanto riguarda le sue posizioni personali, decido di non esprimermi. I giornali stanno già aggredendo quel poco che questo cardinale molto umile e riservato ha affidato ai social network. Per il poco che è emerso, traspare un Papa saldo, chiaro e tradizionale nella dottrina ma piuttosto vicino a Francesco nella pastorale; tuttavia è ancora troppo poco per tirare qualsiasi conclusione affrettata, che sarebbe inevitabilmente inopportuna e mancherebbe di rispettare quella umile gioia e gratitudine che in questo momento è dovuta.

L’unica cosa che mi seto di dire, è che a prima vista sembrerebbe che questo Papa sia distinto da quello che mi pare essere una possibile somma dello spirito di Sant’Agostino: l’incontro tra la profonda consapevolezza della miseria umana e l’estrema e radicale fiducia nella misericordia redentiva di Cristo.

La mia personale speranza nei confronti di questo Papa è altissima. Quando ho sentito il nome che ha deciso, ne sono stato fortemente emozionato, e per qualche istante ho creduto di aver sentito male.

Rispetto al suo discorso d’apertura del pontificato, non nascondo di avere inizialmente sperato in una impronta leggermente più contra mundum: tuttavia riflettendo sulla duplice continuità-discontinuità con Francesco, non ho potuto fare a meno di pensare che forse le preghiere per un Papa capace di ricucire e de-polarizzare la chiesa, che ho espresso nel mio precedente articolo, siano state esaudite.

Al nuovo Papa spetta questo gravosissimo compito e questa pesante eredità. A noi tutti, il compito di sostenerlo nella preghiera.

Che il ruggito dei giusti sia udito fino ai confini della terra.
Viva Papa Leone XIV!

Addendum

Proprio mentre scrivevo, Papa Leone XIV ha pronunciato una meravigliosa omelia dinnanzi ad i Cardinali riuniti nella Cappella Sistina.

L’omelia affronta il tema della secolarizzazione della società, che si manifesta nel rifiuto totale della fede ma anche nello svuotamento, persino da parte di molti cristiani, della figura di Gesù dalla sua divinità. Il Papa riflette su come questi atteggiamenti non siano poi così dissimili dalle posizioni che circolavano nella realtà del primo secolo attorno al ministero del Nostro Signore.

Attorno a queste posizioni che per vie diverse rifiutano Dio si raccolgono i frutti dolorosi della lontananza da Lui: la discordia, l’egoismo, l’instabilità delle famiglie.

Un sermone che richiama alla fiducia nell’unico vero Cristo e all’urgenza della missione evangelica, che il Papa conclude invitando sé stesso ed i cardinali a «sparire nella missione della Chiesa», così come seppero fare i grandi martiri del passato.

Non posso che confermare la gioia per il dono che abbiamo ricevuto.

Qui il link all’omelia.

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2 risposte a “Il Quattordicesimo Leone”

  1. Avatar Donata
    Donata

    Bellissimo questo excursus sui pontificati dei Leone precedenti, molto interessante soprattutto per il filo conduttore che li unisce. Indubbiamente lo Spirito Santo agisce più che sulla persona che verrà scelta, sul nome che l’eletto assumerà’. Penso possa essere un suo(dello SS) incoraggiamento per noi a seguirlo nel modo giusto, senza preconcetti, ma aiutati proprio dal nome scelto. Il primo discorso alla “finestra” mi aveva lasciata con molti dubbi….. poi mi sono rincuorata quando ha affidato il suo pontificato a Maria (come G.P. II). L’omelia di questa mattina mi è piaciuta, sono ottimista, spero che riesca a far ritornare un po’ più di fede “vera” nei nostri comportamenti. Grazie Alfredo, sei prezioso, ti seguo sempre con interesse. Sono la mamma di Isabella.

    1. Avatar Alfredo Salata

      Ciao Donata, grazie di cuore. Sapessi quanto motivante è un commento come il tuo!
      Un caro saluto.

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