Voglio condividere, con assoluta umiltà e senza nessuna pretesa, una riflessione personale. Poche righe meno formali del mio solito modo di scrivere, che non sono più che un sentimento che sento il desiderio di esprimere, una condivisione di idee non ancora del tutto definite.
Questa riflessione riguarda la morte di Papa Francesco – che è arrivata in un momento particolare per la mia storia di fede, rispetto alla riflessione sulla sua figura. Vi parlerò dunque di questo.
Confesso che non ho mai stimato Francesco; anzi sarebbe onesto dire che per molto tempo lo ho disprezzato. Prima della mia conversione al cattolicesimo, lo consideravo addirittura una specie di “estremista progressista”, un antipapa, una utile stampella ecclesiale per quel potere culturale liberal che è l’antitesi di tutto ciò che è cristiano e che da un ventennio domina ogni ambito della cultura laica. Per molto tempo ho persino intrattenuto l’idea che Papa Francesco potesse non essere realmente il Papa, ma una sorta di usurpatore.
Di queste idee mi sono pentito quando le ho abbandonate, nel momento in cui la mia riflessione mi ha portato a riconoscere nella Chiesa Cattolica la vera Chiesa di Cristo – in continuità storica con ciò che il Signore ha fondato ed affidato agli apostoli. Tuttavia questo non ha causato una rivalutazione automatica e completa della figura di Francesco, che pur riconoscendo come Papa, ho continuato a considerare troppo progressista, troppo disinvolto nella dottrina, creatore di confusione più che custode della tradizione.
Solo di recente ho cominciato a leggere i suoi scritti, a partire dall’Amoris Laetitia. Anche questo testo è stato ampiamente criticato, oggetto di Dubia piuttosto critici e addirittura di accuse di eresia: tuttavia a me è parso invece ricco di un profondo realismo pastorale, un realismo che non si pone contro la tradizione sacra ma, anzi, che poggia su una teologia morale matura e profonda.
Leggendo le sue dirette parole ho iniziato a scoprire – e capire – che Papa Francesco è una figura molto più complessa delle semplificazioni mediatiche su di lui, e che dietro la sua apparente disinvoltura pastorale vi è una saggezza reale e, soprattutto, una fiducia profonda nella potenza del Vangelo e nella sua capacità di difendersi da solo. Nei giorni prima del suo decesso, ho incontrato la sua metafora che immagina la Chiesa come “un ospedale da campo”.
Attribuire l’etichetta di modernista ad un Papa in grado di proporre questa meravigliosa immagine è sinceramente paradossale. Perché nell’immagine dell’ospedale da capo c’è l’immagine della guerra, dei feriti: ed è la guerra che muove contro la Parola il Principe del Mondo – da cui Francesco mai si è stancato di mettere in guardia. I feriti che questo ospedale cura, sono gli uomini colpiti dal peccato: sono le famiglie distrutte dall’egoismo, dall’avidità e dalla mancanza di fedeltà; sono gli emarginati dal capitalismo finanziario cieco e dall’idolatria del mercato e del profitto; sono gli uomini che si smarriscono nella sessualità confusa e mortificante del gender; sono le vittime di una politica preoccupata più dagli assetti di potere che dalla pace.
Non è vero, come qualcuno a volte ha sostenuto, che questa immagine metta in secondo piano il bene e la morale; che faccia dimenticare che la fonte di tutto questo dolore è il peccato, la lontananza da Dio. È vero esattamente il contrario: tutto ciò lo indica chiaramente, riconoscendo la guerra spirituale che è in corso e la natura delle ferite che la Chiesa ha mandato di curare.
Proprio fra queste riflessioni, mentre mi apprestavo a studiare la Dilexit Nos, Papa Francesco se ne è andato: all’improvviso, lasciandomi con una marea di dubbi, in balia della tempesta di opinioni che attorno al suo nome si è sviluppata. Eppure leggendo le opinioni su di lui – alcune totalmente incensanti, altre profondamente critiche – sento che i miei dubbi non siano così illegittimi.
Papa Francesco è stato un uomo di paradossi. Umile nei gesti, nelle forme, nell’approccio ai fedeli – specialmente i più piccoli e deboli – eppure spesso molto severo, quasi ultramontano, nel rispondere alle critiche: ripeteva l’importanza della sinodalità, ma non rispondeva se non indirettamente ai Dubia dei conservatori. Appariva quasi disinteressato alle fratture che attorno alle sue prese di posizione – ed alle silenziosissime mancanze di chiarimenti – si sono create nella Chiesa.
Francesco era preciso e fine nei suoi scritti, tanto che è sempre possibile – a meno di non essere maliziosi – leggere il suo insegnamento in piena continuità con la tradizione. Nonostante questo, era indiscutibilmente molto disinvolto nella sua predicazione pastorale. Nelle occasioni in cui qualche riflessione particolarmente avventata è stata strumentalizzata dai mass media ed ha causato scandalo, Francesco è stato spesso tardivo nel pubblicare qualsiasi parola di chiarimento – tanto che sembrava che non amasse smentirsi da sé.
È questa sua caratteristica ad avergli valso, da parte di molti fedeli, chierici e persino qualche vescovo – che è fin troppo facile tacciare di disobbedienza e scisma – l’accusa di creare confusione ed addirittura sostenere, magari involontariamente, dottrine eretiche, come forme di indifferentismo religioso o di universalismo, oppure errori legati alla disciplina eucaristica.
Fu estremamente amato dal mondo – cosa non necessariamente positiva, per un Papa – ma anche da moltissimi fedeli, specie i più anziani, i più umili, i più gravati dalla povertà, dal crimine, dalla guerra e dalla sofferenza; eppure fu anche detestato da moltissimi, visto come un ausilio per i poteri forti, una fonte di confusione, un uomo dannoso per la Chiesa.
Chi ebbe l’opportunità di conoscerlo di persona, però, quasi sempre lo rispettava ed amava profondamente – anche forti conservatori solidamente ancorati alla dottrina, come, ad esempio, l’apologeta americano Trent Horn.
Chi fosse Papa Francesco, ancora non riesco a capirlo. Se lasci una Chiesa in condizioni migliori o peggiori di come a lui la consegnò Papa Benedetto XVI, penso che non stia a me valutarlo. Una cosa però mi sento di osservare, e di proporvi come riflessione. Una idea che nel pregare per lui e per la nostra Chiesa, ha continuato ad a aleggiare nella mia mente, e che questa sera ha finalmente preso forma.
Cosa attira così tanti attorno a Papa Francesco? Cosa affascina così profondamente così tante persone, specialmente coloro che vivono in situazioni di sofferenza e soprattutto di peccato, persone storicamente emarginate dalla Chiesa, come le persone divorziate, o coloro che vivono situazioni familiari irregolari, gli omosessuali, ma anche i giovani che rifiutano la fede, e che sono appassionati da tematiche contrarie alla morale cristiana come l’aborto, o le teorie gender?
Un uomo agli antipodi di Francesco direbbe qualcosa del tipo: «il mondo vuole veder giustificate le sue dannate perversioni». Forse quell’uomo non avrebbe totalmente torto. Forse davvero il mondo desidera che chi ha il compito di ricordargli la sua iniquità si conformi a lui e taccia definitivamente.
Tuttavia credo che non si tratti della mera ricerca di validazione – almeno non da parte della maggioranza di coloro che hanno amato Francesco da situazioni di “irregolarità”. Penso che non basterebbe questo a giustificare la sua attrattiva.
Torna alla mente l’immagine dell’ospedale da campo: dei feriti dal peccato, della guerra spirituale, della paura di morire per sempre – non solo nel corpo, ma nello spirito.
Io credo che Papa Francesco abbia capito ed intercettato questa paura. Una paura che sottende una enorme fame di misericordia.
Credo vi sia un desiderio nel cuore di ogni uomo moderno. Un desiderio non sempre consapevole, non sempre ben orientato, ma comunque autentico: quello di sapere riscattata la propria vita – una fame di salvezza, di redenzione. Questa è la stessa fame che, ancora priva del pentimento autentico, spinge il figliol prodigo a tornare al Padre (Luca 15,11-32) – un vuoto che è oggi più che mai presente.
Ecco, con tutti i suoi limiti e le sue contraddizioni, forse Papa Francesco, nel suo approccio pastorale, riusciva a trasmettere l’idea di essere in grado, come lo fu Cristo, di dire agli afflitti dal peccato «nemmeno io ti giudico».
Forse non è sempre stato in grado di aggiungere, con la precisione che vorrebbero alcuni di noi, «ora va, e non peccare più». Può darsi: e capisco, ed in parte ancora condivido, i pensieri di chi avrebbe voluto maggiore chiarezza in questo.
D’altra parte, mi viene da dire che chi di noi è in grado di essere pienamente come Cristo, scagli pure la prima pietra. Papa Francesco aveva una profonda devozione per Maria, e mi viene ora alla mente la rivelazione privata di una mistica che sosteneva che Gesù, parlandole di sua madre, le avesse detto qualcosa del tipo: «Io sono amore e giustizia. Mia madre, invece, è solo amore.»
In conclusione, pregando per l’incontro di Papa Francesco con la luce del Padre, vorrei che pregassimo anche per una riconciliazione nella Chiesa.
Vorrei pregassimo che coloro i quali hanno appoggiato totalmente l’impostazione di questo papato riescano a comprendere la legittimità delle preoccupazioni e del disagio di coloro che amano la chiarezza dottrinale e la tradizione, e sentono viva la necessità di proteggere e non diluire l’insegnamento della Chiesa.
Vorrei pregassimo che coloro i quali hanno attaccato con dura forza, e a volte malizia, la Chiesa di Papa Francesco – me compreso – riescano a capire che una madre malata non si ripudia, e riescano a prestare la dovuta obbedienza ed ossequio al Pontefice pur nelle divergenze; che riescano a pregare con vero amore filiale per Francesco ed il successivo Papa, e che coloro i quali in questi anni hanno intrapreso vie scismatiche tornino sui propri passi e rientrino nella unica Casa che ci ha lasciato il Signore.
Vorrei pregassimo per i Cardinali, che riescano ad individuare l’uomo che in questo momento serve per riunire e rinforzare il gregge, ed affrontare le sfide che il mondo pone alla Chiesa.
Infine voglio credere che gli insegnamenti che Papa Francesco ci ha lasciato, con i suoi gesti e con i suoi scritti, possano col tempo spogliarsi di ciò con cui il sensazionalismo dei giornali li ha appesantiti, e rimanere per noi tutti come nutrimento durevole.
Amen.
Post Scriptum
Desidero segnalare questi interessanti articoli della teologia internazionale, che assumono una impostazione un po’ critica ma a mio avviso equilibrata.
- Ed Feser – The Pope’s First Duty
- Catholic World Report (Larry Chapp, et al) – Pope Francis Symposium
Ho invece deciso di omettere collegamenti o menzioni ad iniziative e gruppi che hanno negli anni accusato Francesco delle eresie citate nella riflessione. Il lettore che volesse verificare il contenuto della riflessione può partire molto semplicemente dalla sezione “Ricezione” della pagina Wikipedia dell’Amoris Laetitia.
Invito tutte le coppie, specialmente i giovani che, come me, hanno una storia affettiva che non sempre ha risposto agli impegni morali che la tradizione cristiana richiede, a leggere l’Amoris Laetitia.
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