Questo articolo è un elaborato, ricavato dalla trascrizione e traduzione di conversazioni reali, intrattenute con alcuni amici americani di fede evangelica.

Dal settembre 2024, partecipo ad un piccolo gruppo online che riunisce una trentina di cristiani appartenenti a varie denominazioni e tradizioni. All’interno del gruppo si organizzano varie attività – letture, discussioni, approfondimenti – in uno spirito davvero positivo e di fratellanza.
Sono entrato nel gruppo un po’ in punta di piedi – la comunità è quasi interamente protestante, ed io sono l’unico cattolico attivo – ma da allora il legame col gruppo si è davvero rafforzato.

Recentemente ho avuto la possibilità di esporre la visione cattolica attorno ad alcuni punti di divergenza con la tradizione protestante, attraverso dialoghi davvero interessanti e stimolanti. Ciò che contraddistingue molti protestanti, è la profonda serietà nell’approccio alla Scrittura, una serietà che, francamente, anche al laicato cattolico farebbe bene riacquistare.

La conversazione qui raccolta è la traduzione di un dibattito con «Ryan» – un nome di fantasia che raccoglie diversi dei miei amici, così da mantenerne l’anonimato. «Ryan» appartiene al gruppo degli evangelici non denominazionali. Questa è l’identità religiosa più diffusa in America e riunisce posizioni teologiche variegate, più o meno tutte legate ad un’estremizzazione di due idee che risalgono al protestantesimo luterano:

  • Sola Scriptura, cioè l’idea che l’unica fonte di teologia sia la scrittura biblica. Nelle forme più estreme, asserisce che ogni proposta teologica-morale non esplicita nella scrittura vada rigettata.
  • Sola Fide, cioè la dottrina che vede nella fede l’unica fonte di salvezza per l’uomo, escludendo qualsiasi concorso delle sue azioni con la dinamica salvifica.

Gli evangelici tipicamente aderiscono più o meno ferventemente anche ad altre tre idee, rappresentate da un motto analogo ai due precedentemente citati. Assieme, questi cinque motti formano i Cinque Sola:

  • Sola Gratia, l’idea che solo la grazia divina salvi l’uomo, che non ha alcun merito né per le sue azioni né per la propria scelta di fede. Negli evangelici di ispirazione calvinista, la «scelta» umana è radicalmente esclusa.
  • Solus Christus è l’idea che solo l’azione di Cristo porti la salvezza. Non è necessaria la mediazione sacerdotale, né i sacramenti, né tanto meno l’intercessione dei Santi.
  • Soli Deo Gloria, che costituisce il rifiuto della venerazione a Maria e ai Santi, asserendo che a Dio solo va ogni forma di lode.

I punti di divergenza di «Ryan» dal cattolicesimo sono dunque numerosi. In questo dialogo, io e lui affrontiamo il tema della gerarchia ecclesiale e della necessità di un Magistero.
Se il formato dovesse essere apprezzato, in futuro potrei pubblicare altre discussioni di questo genere.

I titoletti sono un’aggiunta per agevolare la lettura. Ovviamente, non sono presenti nella conversazione originale.

Buona lettura.

Introduzione

Alfredo

Ciao Ryan.
Per la discussione di questa sera, volevo condividere un brano dalla Prima Lettera a Timoteo.

1 Timoteo 3:1-16
Questa parola è degna di fede: se uno aspira all’episcopato, desidera un nobile lavoro. Bisogna dunque che il vescovo sia irreprensibile, […] È necessario che egli goda buona stima presso quelli che sono fuori della comunità, per non cadere in discredito e nelle insidie del demonio.

Allo stesso modo i diaconi siano persone degne e sincere nel parlare […] Coloro infatti che avranno esercitato bene il loro ministero, si acquisteranno un grado degno di onore e un grande coraggio nella fede in Cristo Gesù.

Ti scrivo tutto questo nella speranza di venire presto da te; ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità. 

In particolare i temi che vorrei affrontare sono la struttura gerarchica della Chiesa, per come è descritta nella Scrittura, e il fatto che Paolo affermi che la Chiesa sia colonna e sostegno della verità, idea che ritengo metta in crisi la dottrina della Sola Scriptura.

Partirei dal tema della gerarchia. Credo che questo passaggio descriva una struttura clericale (il ruolo del vescovo, e dei diaconi) molto più simile all’impostazione Cattolica che a quella protestante. Ciò specialmente in riferimento a come i Padri della Chiesa hanno interpretato il ruolo di episkopos, la parola greca che utilizza Paolo per vescovo.

Cosa ne pensi?

Ryan

Ciao Alfredo, grazie di avere scelto il brano per questa sera.

Io credo che questo passaggio Paolo non parli dei vescovi nel senso che la Chiesa Cattolica Romana attribuisce al termine. In realtà, credo che quel ruolo non compaia affatto nella Scrittura. Il passo parla piuttosto degli anziani che guidano una comunità locale di credenti. Non si tratta di una gerarchia o di un ruolo su ordinazione.

Sostieni che i Padri confermino l’interpretazione della Chiesa cattolica, ma dal mio punto di vista potresti semplicemente fraintenderli. Inoltre è possibile che i primi cristiani, molto banalmente, si sbagliassero. Loro erano tanto inclini quanto noi a commettere errori, se non di più.

Abbiamo numerosi esempi, nel Nuovo Testamento, di cristiani che sbagliano. Perfino Pietro sbagliò e dovette essere corretto. Non vedo perché i primi cristiani dovrebbero essere meno soggetti all’errore.

Ignazio di Antiochia e la Gerarchia Ecclesiale

Alfredo

Fatta eccezione per gli insegnamenti diretti degli apostoli in materia di fede e di morale — specialmente quelli finiti nelle Scritture — i primi cristiani erano effettivamente fallibili individualmente. Ecco perché esistono molte idee (come quelle di Origene) che non entrarono mai nel consenso generale della Chiesa. Non lo nego affatto.

Tuttavia credo non possa essere discusso che il pensiero dei Padri, preso collettivamente, debba essere considerato con maggior autorità rispetto alla nostra interpretazione personale e moderna.

Clemente (c. 95 d.C.), Ignazio di Antiochia (c. 107 d.C.), Policarpo di Smirne (c. 110 d.C.) e gli autori della Didaché (I secolo) operavano ancora nell’era apostolica, all’interno delle comunità fondate e istruite direttamente dagli apostoli. Sono ben più vicini a Paolo, a Pietro e agli altri apostoli di quanto possiamo esserlo noi, e avevano accesso ad un insegnamento orale che sicuramente supera quello scritto a nostra disposizione.

Questi Padri scrivono mentre il ricordo dell’insegnamento apostolico è ancora vivissimo, e tutti fanno riferimento alla struttura tripartita (epískopos, presbyteros, diákonos).

Sebbene questi ruoli sembrino un po’ interscambiabili all’epoca di Paolo, già all’inizio del II secolo hanno assunto una forma più vicina a quella delle Chiese ortodosse. Onestamente, che ci sia stato uno sviluppo non dovrebbe stupire: è la parabola del «seme di senape». Non è sorprendente che l’aspetto del germoglio nell’era apostolica non sia esattamente lo stesso dei giovani virgulti del secolo successivo, né dell’albero che vediamo oggi.

Immagino tu riconosca che nell’era apostolica questo è avvenuto anche con la Scrittura. È evidente che, quando Paolo scrive che «ogni Scrittura è utile per insegnare», non può riferirsi alle sue stesse lettere, e probabilmente nemmeno ai Vangeli (forse Matteo e Marco iniziavano a circolare); oggi, però, vediamo che tale affermazione si applica non solo all’Antico Testamento ma anche al Nuovo.

Trovo un po’ arbitrario fidarsi dei cristiani del IV e V secolo per ciò che concerne le verità fondamentali di fede fissate nei concili, come il Credo Niceno, che condividiamo, o il canone biblico, negando però la stessa autorevolezza ai cristiani del I e II secolo.

Quanto alla possibilità che io fraintenda i Padri, la riconosco. A tal proposito, perché non vediamo assieme qualche testo, e non mi dai la tua opinione?

Ecco Ignazio di Antiochia, in viaggio verso il martirio, nella Lettera ai Tralliani:

Capitolo 1
So che avete un animo irreprensibile e imperturbabile nella pazienza non per abitudine ma per natura. Me lo ha detto il vostro vescovo Polibio, che per volontà di Dio e di Gesù Cristo è venuto a Smirne ed ha gioito tanto con me incatenato in Gesù Cristo, che io vedo in lui tutta la vostra comunità.

Capitolo 2
Se siete sottomessi al vescovo come a Gesù Cristo dimostrate che non vivete secondo l’uomo ma secondo Gesù Cristo, morto per noi perché credendo alla sua morte sfuggiate alla morte.
È necessario, come già fate, non operare nulla senza il vescovo, ma sottomettervi anche ai presbiteri come agli apostoli di Gesù Cristo speranza nostra, e in lui vivendo ci ritroveremo.
Bisogna che quelli che sono i diaconi dei misteri di Gesù Cristo siano in ogni maniera accetti a tutti. Non sono diaconi di cibi e di bevande, ma servitori della Chiesa di Dio. Occorre che essi si guardino dalle accuse come dal fuoco.

Capitolo 3
Similmente tutti rispettino i diaconi come Gesù Cristo, come anche il vescovo che è l’immagine del Padre, i presbiteri come il sinedrio di Dio e come il collegio degli apostoli. Senza di loro non c’è Chiesa.
Sono sicuro che intorno a queste cose la pensate allo stesso modo. Infatti ho accolto e ho presso di me, un esemplare della vostra carità nel vostro vescovo, il cui contegno è una grande lezione, come la sua dolcezza una forza. Credo che anche gli atei lo rispettino.
Poiché vi amo mi trattengo, potendo scrivere con più severità sulla cosa. Non arriverei col pensiero a tanto da comandarvi come un apostolo essendo, invece, un condannato.

Vorrei far notare che il linguaggio di Ignazio è molto più forte di quello che la Chiesa cattolica moderna userebbe oggi per sé stessa.

Suppongo che lo Scisma d’Oriente e la Riforma abbiano portato la Chiesa a comprendere (con il tempo, e non senza dolore e errori da parte nostra) come gruppi esterni alla Chiesa cattolica possano comunque essere comunità battesimali valide e persino Chiese in qualche tipo di comunione con la Chiesa universale.

È probabile che al tempo di Ignazio, quando i gruppi esterni alla Chiesa erano palesemente eretici antitrinitari – marcioniti, gnostici… – e non si era ancora verificato alcuno scisma maggiore, la comprensione fosse diversa.

Ryan

Prima di tutto, perché Paolo non potrebbe riferirsi ai suoi stessi scritti quando parla di Scrittura?
Mi sembra una considerazione piuttosto riduttiva di Paolo.

Secondo: abbiamo nu­mero­si esempi di falsi maestri già nell’era apostolica; perché il secolo successivo dovrebbe essere diverso?

Quando i «padri della Chiesa» concordano con la Scrittura non c’è problema. Il problema sorge nel prendere l’interpretazione che i «padri» danno della Scrittura come pari o superiore alla Scrittura stessa.

L’Autorità dei Padri

Alfredo

Hai ragione su Paolo. Riflettendoci, è chiaro che gli apostoli avevano coscienza della propria autorità, Paolo in particolare.

Nel contesto della Lettera a Timoteo, da cui citavo, si sta parlando dell’antico testamento, ma riconosco che è possibile che Paolo considerasse i suoi scritti parte della Scrittura. Del resto, anche Pietro li definisce tali. È una possibilità concreta, quindi cedo il punto.

Detto ciò, ribadisco l’idea che vi sia stato uno sviluppo delle Scritture. Quando Paolo scriveva, diversi testi chiave del Nuovo Testamento — i Vangeli di Luca e Giovanni, 2 Pietro, Apocalisse — non erano ancora stati redatti o non circolavano ampiamente. Allo stesso tempo, molti altri scritti cristiani poi esclusi dal canone erano in circolazione. Dunque è chiaro come la considerazione di Paolo debba essere letta alla luce di un discernimento che lo stesso Paolo, al suo tempo, non poteva compiere.

Veniamo al punto principale. Concordo: c’erano falsi maestri già ai tempi degli apostoli. Tuttavia, accanto a loro, esisteva anche la vera Chiesa, formata dalle comunità in comunione con gli apostoli e da essi fondate e nutrite.

Ecco perché ho sottolineato che contano le opinioni non attribuibili a un singolo Padre, ma oggetto di ampio consenso, divenute tradizioni consolidate. Perché se erano ampiamente condivise nella Chiesa delle origini, erano ampiamente condivise in una Chiesa fortemente apostolica. La gerarchia tripartita è una di queste: dal II secolo e per quattordici secoli nessuna Chiesa rilevante ne fu priva.

Posso chiederti se ritieni che la visione dei padri sia anti-biblica o semplicemente non esplicita nella Bibbia? Contesterei fortemente la prima affermazione, ma potrei concedere la seconda.

Questa riflessione mi porta a inserire nel discorso il tema della Sola Scriptura. Mi pare che tu sia riluttante a dare credito a ciò che non sia esplicitamente dichiarato nella Bibbia. A mio avviso, però, è l’idea della Sola Scriptura ad essere non solo non esplicita nella Bibbia, ma persino anti-biblica.

Ryan

Sono d’accordo con te sull’esistenza di una vera Chiesa universale. Non c’era però una «chiesa vera» intesa come unico corpo che tutti gli altri dovevano seguire.

Cosa distingueva la vera Chiesa universale? Era qualcosa a cui tutti gli apostoli attingevano: il fondamento nella Scrittura. Al punto che Paolo dice che anche se un angelo predicasse un Vangelo diverso, sarebbe maledetto. Il Vangelo che Paolo e gli altri apostoli predicavano si basa sulla Scrittura, non sulla tradizione.

Posso ammettere che esistano delle tradizioni diffuse nella chiesa delle origini, ma il Vangelo non dipende da esse. Quando il consenso della chiesa delle origini concorda con la Scrittura, va ascoltato; se non concordano, che cosa si segue? Si segue la la Scrittura.

È questo il punto fondamentale della Sola Scriptura.

Direi che, quanto meno, la visione dei «padri» non è esplicita nella Bibbia e direi anche che è anti-scritturale. La Scrittura è chiarissima: Gesù è l’unico Sommo Sacerdote e tutti i credenti sono sacerdoti; non abbiamo bisogno di una struttura gerarchica, abbiamo accesso diretto al trono della grazia senza altro intermediario che Gesù.

Per quanto riguarda la presenza di una guida per interpretare correttamente la Scrittura – è necessaria? No. Utile? Sì. Credo però che chiunque, con un livello medio di istruzione e applicando un minimo di logica, possa interpretare correttamente la Scrittura.

Il problema nasce quando la nostra visione del mondo contraddice la Scrittura e non siamo capaci di scegliere quest’ultima.

Cosa ne pensi?

La Bibbia insegna il Sola Scriptura?

Alfredo

Sei proprio sicuro che la predicazione di Paolo si basasse primariamente sulla Scrittura? Certo, conosceva e citava molto l’Antico Testamento, era un fariseo; ma riguardo al Vangelo non predicava solo sulla base della Scrittura. Vedi mai Marco o Matteo citati nelle sue lettere? Giovanni, Apocalisse, Atti, 2 Pietro non esistevano ancora. Paolo stesso, per altro dice che il suo insegnamento veniva piuttosto dalla rivelazione diretta di Cristo:

Galati 1:11-12
Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo.

E cos’ha da dire Paolo della Tradizione? Molto!

2 Tessalonicesi 2:15
Perciò, fratelli, state saldi e mantenete le tradizioni che avete appreso sia dalla nostra parola sia dalla nostra lettera.

2 Tessalonicesi 3:6
Fratelli, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, vi raccomandiamo di tenervi lontani da ogni fratello che conduce una vita disordinata, non secondo l’insegnamento che vi è stato trasmesso da noi.

1 Corinzi 11:2
Vi lodo perché in ogni cosa vi ricordate di me e conservate le tradizioni così come ve le ho trasmesse.

Le tre parole evidenziate, benché nel secondo esempio la traduzione sia diversa, corrispondono in ciascun caso al greco παράδοσις, tradizione.

Gente come Ignazio, che ho citato, era immersa nelle tradizioni insegnate oralmente dagli apostoli, di cui Paolo afferma la validità, nei versetti citati. L’idea che vi fosse un significativo insegnamento non scritto, per altro, è confermata persino dal Vangelo di Giovanni:

Giovanni 21:25
Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

Che dire allora della Sola Scriptura? Se significa «non può esistere verità teologica che non sia affermata nella Scrittura», ciò non può essere vero. Perché? Perché questa stessa asserzione non è mai affermata nella Scrittura. Il famoso passaggio in Timoteo è il massimo che puoi trovare, e dice tutta la Scrittura, non solo la Scrittura.

2 Timoteo 3:16
Tutta la Scrittura, ispirata da Dio, è anche utile per insegnare, convincere, correggere ed educare nella giustizia.

D’altra parte, Paolo parla con uguale forza della Chiesa, definendola «colonna e sostegno della verità».

1 Timoteo 3:16
[…] ma se dovessi tardare, voglio che tu sappia come comportarti nella casa di Dio, che è la Chiesa del Dio vivente, colonna e sostegno della verità.

Quanto alla guida per interpretare la Scrittura, che non sarebbe necessaria. Guarda cosa dicono gli Atti:

Atti 8:30-31
Filippo corse innanzi [all’uomo sul carro] e, udito che leggeva il profeta Isaia, gli disse: “Capisci quello che stai leggendo?” Egli rispose: “E come potrei capire, se nessuno mi guida?”

Mi sembra che si mostri proprio il contrario — qualcuno che ha bisogno di un apostolo per capire la Scrittura. Non pensi che il passaggio possa rappresentare una anticipazione di come noi, a nostra volta, necessitiamo dei successori degli apostoli?

In base a tutto questo, la Sola Scriptura non è insegnata dalla Scrittura, né dagli apostoli, né dai padri. Ma se non è prescrizione biblica né Tradizione apostolica, cos’è?

La mia opinione è che sia una idea nata con John Wycliffe e poi perfezionata e diffusa da Martin Luther: oltre tredici secoli dopo Cristo, e mai proposta seriamente da nessun membro della Chiesa prima di allora. In altre parole è una tradizione umana, e penso non sia necessario che ti ricordi cosa dice la Scrittura a riguardo.

Spesso, a fronte di queste argomentazioni, vedo i protestanti ricorrere a una versione depotenziata del dogma, che somiglia più ad un «Prima Scriptura», secondo cui una verità teologica può essere tale anche se assente nella Scrittura, purché non la contraddica.

Se decidessi di prendere questa posizione, allora dovresti considerare più attentamente ciò che abbiamo visto dei Padri, e molto più attentamente di idee praticamente inesistenti o marginali per i primi 1500 anni.

Ryan

Perché non diamo una occhiata per intero al passo dei Galati 1:11-24 che hai citato?

Galati 1:11-24
Vi dichiaro, fratelli, che il Vangelo da me annunciato non segue un modello umano; infatti io non l’ho ricevuto né l’ho imparato da uomini, ma per rivelazione di Gesù Cristo. Voi avete certamente sentito parlare della mia condotta di un tempo nel giudaismo: perseguitavo ferocemente la Chiesa di Dio e la devastavo, superando nel giudaismo la maggior parte dei miei coetanei e connazionali, accanito com’ero nel sostenere le tradizioni dei padri. 
Ma quando Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, subito, senza chiedere consiglio a nessuno, senza andare a Gerusalemme da coloro che erano apostoli prima di me, mi recai in Arabia e poi ritornai a Damasco.
In seguito, tre anni dopo, salii a Gerusalemme per andare a conoscere Cefa e rimasi presso di lui quindici giorni; degli apostoli non vidi nessun altro, se non Giacomo, il fratello del Signore. In ciò che vi scrivo – lo dico davanti a Dio – non mento. 
Poi andai nelle regioni della Siria e della Cilìcia. Ma non ero personalmente conosciuto dalle Chiese della Giudea che sono in Cristo; avevano soltanto sentito dire: “Colui che una volta ci perseguitava, ora va annunciando la fede che un tempo voleva distruggere”. E glorificavano Dio per causa mia.

Dopo che Gesù si rivelò a Paolo, che fece Paolo? Andò a Gerusalemme ad apprendere le “tradizioni” degli apostoli?

No, dice esplicitamente di non averlo fatto. Si ritirò invece per tre anni a studiare e, quando tornò, rimase a Gerusalemme solo quindici giorni, dove incontrò un solo apostolo e Giacomo.

La predicazione di Paolo si basa esclusivamente sulla Scrittura. Non imparò la tradizione degli apostoli, imparò la Scrittura e come essa si applica a Gesù: quello è il suo fondamento. Conosceva i fatti su Gesù? Certo che si, perseguitava i cristiani!

Ma non è su quello che basa il suo Vangelo: si basa sulla Scrittura. Come detto, esistono tradizioni utili; ma quando contraddicono la Scrittura, quale scegli? Paolo scelse chiaramente la Scrittura.

Alfredo

Hai fatto bene a citare l’intero passo; mi ha dato da riflettere. Ma, tutto sommato, mi sembra che tu stia cercando di far dire al testo più di quanto dica.

Non c’è in effetti scritto che Paolo si sia rintanato da qualche parte a studiare il Libro di Isaia o dei Salmi cercando profezie. Né che la sua predicazione si basi solo sulla Scrittura, e neppure che la Scrittura sia il suo fondamento.

Invece Paolo dice chiaramente che, oltre alla Scrittura, ha almeno un’altra fonte: la rivelazione diretta che il Padre gli ha fatto del figlio. Sta qui:

15 […] Dio, che mi scelse fin dal seno di mia madre e mi chiamò con la sua grazia, si compiacque di rivelare in me il Figlio suo perché lo annunciassi in mezzo alle genti, […]

Paolo è chiarissimo. Rivendica di predicare sulla scorta di una rivelazione privata. Poi racconta di essere andato brevemente dal capo degli apostoli e ripartito, ancora una volta per predicare, non per studiare. Sta in sostanza dichiarando di avere autorità pari agli apostoli; e per questo la Tradizione lo considera il tredicesimo apostolo.

Se leggi il capitolo successivo, inoltre, alla fine Paolo torna effettivamente alla Chiesa (Gal 2,1-2) per farsi riconoscere e verificare che il suo Vangelo sia in comunione con essa. Nel frattempo, la sua reputazione è stata riabilitata dalle sue azioni – come è mostrato alla fine del primo capitolo.

Detto ciò, mi pare tu sia passato, come avevo anticipato, ad una forma di «Prima Scriptura», che con alcune precisazioni potrei quasi condividere. Ma se rinunci alla forma rigida del Sola Scriptura, allora torno a chiederti di indicare quali parti di Ignazio contraddicano la Scrittura. Considerando che per 1400 anni il consenso della Chiesa non ha visto nessuna contraddizione tra le sue posizioni – che divennero difatti egemoniche – e la Bibbia, credo che non sarà facile.

Un punto finale, che finora ho evitato: se ti appelli alla Scrittura per respingere la Tradizione, hai l’onere di indicare cosa è la Scrittura. Cioè quali testi la compongono. Quando Paolo parla della Scrittura nel passaggio di 2 Timoteo che abbiamo affrontato, è nel contesto di una riflessione sulle scritture ebraiche; ma anche volendo estendere il significato a tutta la Bibbia, non c’è nessuna affermazione di Paolo che possa aiutarci a stabilire un canone.

Per quanto riguarda il Nuovo Testamento è evidente che non possa esserci nulla del genere in Paolo: una buona parte dei libri che utilizziamo non era ancora stata scritta.

D’altra parte, neppure per quanto riguarda l’Antico Testamento si può indicare con certezza un canone. Nel primo secolo, infatti, i Sadducei e Farisei dissentivano su quali fossero i testi sacri, e così i Samaritani ed altre correnti giudaiche.

Quindi, che canone prendi? Quello di sant’Agostino, IV secolo, che include i deuterocanonici e 2 Maccabei, che Luther rifiutava? In tal caso non vedo l’ora di parlare con te del pregare per i defunti.
Persino San Girolamo, che viene spesso citato come un «dissenziente interno» rispetto al canone Cattolico, alla fine accettò la posizione della Chiesa e incluse i deuterocanonici nella sua Vulgata.

Nota Canonica

La maggior parte dei protestanti non riconosce i libri deuterocanonici (fra cui 2 Maccabei) come ispirati. Nelle Bibbie protestanti moderne, spesso questi libri sono assenti.


Il riferimento al pregare per i defunti allude al fatto che gli evangelici rifiutino questa pratica, sostenendo che essa non sia mai prescritta dalla bibbia.


Tuttavia, una forte conferma della pietà del pregare per i cari estinti compare proprio in 2 Maccabei.
È questo è il senso della provocazione: se accettassimo il canone Agostiniano, dovremmo considerare false alcune affermazioni teologiche tipiche del mondo evangelico.

Qualunque cosa tu scelga, a meno di sostenere che il canone sia evidente nella Scrittura stessa – e allora dovresti indicarmi in che passaggi biblici ciò emergerebbe – sei costretto ad appoggiarti ad una tradizione.

La domanda è: quale tradizione? Quella radicata nella Chiesa apostolica o quella nata nel XVI secolo? Quale ti sembra più una “tradizione fatta dall’uomo”, fra le due?

Ancora sulla Gerarchia Ecclesiale

Ryan

Scusa, ma rimaniamo su Ignazio.
Penso che sia più probabile che venga frainteso piuttosto che contraddica la Scrittura.

A questo proposito, vorrei che definissi concretamente cosa sono per te vescovo, presbitero e diacono. Ho la sensazione che potremmo essere in disaccordo sul come interpretare quanto detto nei passaggi che hai citato.

Alfredo

Provo a darti definizioni concrete valide per il contesto Cattolico. Anche se le ritengo che le definizioni usate dalla Chiesa moderna siano spesso più modeste di quanto non lo sia il linguaggio di Ignazio, userò le sue parole.

1. Il vescovo (epískopos).
Immagino tu utilizzi qualcosa tipo “sorvegliante”. Noi manteniamo episcopus o termini derivati. La maggior parte delle lettere di Ignazio inizia salutando la comunità e esortandola a seguire il proprio vescovo – sempre al singolare. Ciò indica che già nel 110 D.C. c’è un vescovo per comunità. Gli Efesini hanno Onesimo (Ef. 1), i Magnèsiani il giovane Damas (Magn. 2), i Tralliani Polibio (Trall. 1)…

In Ignazio, il vescovo è una figura paterna altamente autorevole, al punto da paragonare il rapporto fedele-vescovo a quello di Gesù con il Padre:

Lettera agli Smirnesi, 8
Come Gesù Cristo segue il Padre, seguite tutti il vescovo e i presbiteri come gli apostoli; venerate i diaconi come la legge di Dio. Nessuno senza il vescovo faccia qualche cosa che concerne la Chiesa. Sia ritenuta valida l’eucaristia che si fa dal vescovo o da chi è da lui delegato.

2. I presbiteri (presbyteroi).
Voi li chiamate “anziani”. Nei testi di Ignazio, sono più di uno per comunità.

Lettera ai Filadelfiesi, 4
Una è la carne di nostro Signore Gesù Cristo e uno il calice dell’unità del suo sangue, uno è l’altare come uno solo è il vescovo con il presbiterato e i diaconi miei conservi.

Sono i delegati del vescovo: presiedono alla liturgia ed insegnano comunione con lui.

3. I diaconi (diákonoi).
Non so come la tua tradizione interpreti il ruolo del diacono. In Ignazio è immagine del Cristo servo (Lc 22:27), assiste alla liturgia e ai bisogni della Chiesa. Tale è rimasto nella chiesa moderna.

Ignazio ai Tralliani, 2
Bisogna che quelli che sono i diaconi dei misteri di Gesù Cristo siano in ogni maniera accetti a tutti. Non sono diaconi di cibi e di bevande, ma servitori della Chiesa di Dio.

In sintesi:

  1. Vescovi: uno per Chiesa locale, garanti della legittimità della stessa; vicari di Cristo; maestri e ministri.
  2. Presbiteri: sostengono il vescovo; sono immagini degli apostoli; autorizzati dal vescovo a insegnare e celebrare l’Eucaristia.
  3. Diaconi: servi della Chiesa, immagini di Cristo servo; amministrano la carità e i bisogni della comunità.

Vorrei farti notare che Ignazio non dice «la Chiesa dovrebbe essere così». Dice: «la Chiesa è così, adesso. Mantenetela così». Già all’inizio del II secolo le Chiese hanno questa forma. Se la respingi come non scritturale o corrotta, stai dicendo che lo Spirito Santo fallì nel guidare la Chiesa, e che essa perse la strada non appena morti gli apostoli.

Ryan

In realtà, concordo completamente con le definizioni che dai.

È la struttura che hanno la maggior parte delle chiese protestanti: un pastore principale (vescovo), diversi anziani (presbiteri) e vari altri collaboratori e ministri (diaconi). Non corrisponde affatto, però, a ciò che ha la Chiesa cattolica.

Alfredo

Ammetto di essere sorpreso. Con tutto rispetto, non credo che ciò che dici renda giustizia al peso delle parole di Ignazio né alla struttura effettiva delle chiese protestanti.

Seguite il vescovo come Gesù Cristo il Padre […]

Dici che nella “maggior parte delle chiese protestanti” i fedeli praticano un simile rapporto col loro leader? Davvero?
Seguite i vostri «presbiteri» come gli apostoli? Obbedite ai vostri «vescovi» con l’obbedienza con cui Gesù obbedisce al Padre?

Lo fate con la stessa sottomissione sacramentale di cui parla Ignazio, dove la comunione con loro determina la validità della vostra Eucaristia o la purezza del culto? Anche quando non condividono le vostre interpretazioni teologiche?

Ignazio non accenna nemmeno alla possibilità di scegliere il proprio vescovo; farlo mette su un terreno spirituale pericoloso.

Lettera ai Tralliani, 7
Chi è all’interno del santuario è puro; chi ne è lontano non è puro. Ciò significa che chiunque operi separatamente dal vescovo, dal presbitero e dai diaconi, non è puro nella coscienza.

Non ho sottolineato come Ignazio sostenga che un’Eucaristia fuori comunione col vescovo sia invalida per non aprire un altro capitolo di discussione – ma anche da questo è chiaro che stia parlando di un ufficio sacramentale. Ridurlo a una vaga somiglianza strutturale è come dire che un CEO moderno ha la successione apostolica perché ha un consiglio d’amministrazione e dei manager.

Del resto, un protestante può cambiare comunità invocando la Sola Scriptura quando il suo “sorvegliante” predica qualcosa che contraddice la sua personale interpretazione. Ignazio non ammette nulla di simile.

A questo punto, visto che è ciò che hai suggerito, chiedo a te di dimostrare come la visione ecclesiale di Ignazio non corrisponda a quanto dice di sé stesso il clero apostolico della Chiesa Cattolica.

Se non riesci a dimostrarlo, ritengo che l’evidenza sia chiaramente contro il modello protestante.

Dobbiamo consentire alla Chiesa di correggerci?

Ryan

Tanto per cominciare credo che tu stia facendo dire ad Ignazio più di quanto effettivamente dica.

Sì, ha una visione molto alta della Chiesa, come dovremmo averla tutti. Ma non a tal punto da dire che non si debba mai mettere in discussione l’insegnamento del clero. Se fosse così, lo scarterei subito come contrario alla Scrittura, visto che Paolo rimprovera Pietro e i Bereani esaminano ciò che gli viene insegnato confrontandolo con la Scrittura.

In secondo luogo, non credo sia solo una somiglianza strutturale. Penso davvero che il rispetto descritto da Ignazio dovrebbe caratterizzare la nostra sottomissione a pastori ed anziani. Lo facciamo sempre perfettamente? No. Ma è l’obiettivo. Il pastore dovrebbe essere coinvolto in ogni ministero della Chiesa, fosse anche solo nominando diaconi fidati.

Alfredo

Credo che i tuoi esempi non calzino. I Bereani non facevano ancora parte della Chiesa. Quel passaggio descrive il discernimento che precede la conversione. E Paolo è un apostolo, con autorità comparabile a quella di Pietro.

In ogni caso, la posizione cattolica non vieta di correggere un sacerdote e neppure un vescovo. Ma devo farlo dentro il quadro della Chiesa, come suggerisce Mt 18:17.

Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità [ἐκκλησίᾳ, ekklesia/chiesa]; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano.

Se un sacerdote predica qualcosa che non condivido, ne parlo con lui. Se mi da una spiegazione ragionevole, sono io a dovermi correggere; se no, vado dal vescovo; se anche lui conferma la posizione del sacerdote, dovrei davvero riesaminare la mia posizione. Ma se ancora resto convinto che qualcosa non torni, potrei scrivere a Roma. Se anche lì non trovo ascolto, allora devo riconoscere di avere torto e sottomettermi; o volendo applicare Matteo alla lettera, dovrei trattare me stesso da pagano o pubblicano. O in altre parole, considerarmi fuori dalla Chiesa.

Nel mondo protestante, se il tuo pastore dice qualcosa che non ti convince, ti basta cambiare comunità. Non mi pare che questo corrisponda alla visione di Ignazio, Clemente, Ireneo…

A proposito di Clemente, che scrive persino prima di Ignazio (c. 96 d.C.), in lui troviamo anche un’affermazione diretta della successione apostolica:

1 Clemente 44
I nostri apostoli conoscevano da parte del Signore Gesù Cristo che ci sarebbe stata contesa sulla carica episcopale. Per questo motivo, prevedendo esattamente l’avvenire, istituirono quelli che abbiamo detto prima e poi diedero ordine che alla loro morte succedessero nel ministero altri uomini provati.
Quelli che furono stabiliti dagli Apostoli o dopo da altri illustri uomini con il consenso di tutta la Chiesa, che avevano servito rettamente il gregge di Cristo con umiltà, calma e gentilezza, e che hanno avuto testimonianza da tutti e per molto tempo, li riteniamo che non siano allontanati dal ministero.
Sarebbe per noi colpa non lieve se esonerassimo dall’episcopato quelli che hanno portato le offerte in maniera ineccepibile e santa.

Questo aggiunge una qualifica al vescovo che di certo manca in qualunque ecclesiologia protestante: quella di successore degli apostoli.

Ryan

Come puoi dire che i Bereani non facevano parte della Chiesa? Se intendi prima che Paolo li incontrasse, allora è una distinzione inutile: nessuno fa parte della Chiesa finché non sente e accetta il Vangelo.

Comunque concordo con il concetto generale che hai delineato. Ma il problema nasce quando, salendo tutta la catena gerarchica cattolica, tutti affermano qualcosa di anti-scritturale: non hai altra scelta che lasciare la Chiesa cattolica, ed è ciò che molti fanno.

Ciò che sbagli nell’interpretare la disciplina ecclesiale che Gesù delinea, è che «dillo alla Chiesa», non si riferisce ad una persona ma a tutto il corpo dei credenti. Neppure un vescovo è al di sopra della riprensione di tutti i credenti se è in errore.

Alfredo

Riguardo ai Bereani, è esattamente ciò che sto dicendo. Guardiamo un attimo il passaggio in questione:

Atti 17:10-12:
Allora i fratelli, durante la notte, fecero partire subito Paolo e Sila verso Berea. Giunti là, entrarono nella sinagoga dei Giudei. Questi erano di sentimenti più nobili di quelli di Tessalònica e accolsero la Parola con grande entusiasmo, esaminando ogni giorno le Scritture per vedere se le cose stavano davvero così. Molti di loro divennero credenti e non pochi anche dei Greci, donne della nobiltà e uomini.

I Bereani esaminano la predicazione di Paolo verificandola con la scrittura prima di convertirsi. Il passaggio racconta di un discernimento pre-conversione. Tu lo citi come esempio di come i cristiani dovrebbero testare la loro leadership, ma non parla affatto di questo.

Ribadisco che, se salgo lungo tutta la catena della autorità ecclesiale, e la Chiesa mi dice che la mia opinione è inaccettabile, allora devo cambiarla. Questa è l’unica lettura in linea con la scrittura.
L’idea che ogni singolo credente possa stabilire da sé cosa sia “scritturale” e cosa no, ignorando le guide spirituali disposte da Dio, non è mai sostenuta né nel Vangelo, né nell’Antico Testamento.

Del resto, se la «Chiesa» di Matteo 18 rappresentasse «l’intero corpo dei credenti» nel senso protestante, ciò renderebbe del tutto impossibile applicare questa prescrizione. Non puoi coinvolgere «tutti i cristiani del mondo» per ogni diatriba teologica!

Staresti dicendo che Gesù chiede qualcosa di assolutamente impossibile; è sostenere che il nostro Signore stesse letteralmente parlando a vanvera.

E se pensi che ciò non sia vero, allora ti chiedo di indicarmi come possiamo andare a questa «Chiesa», per poterle sottoporre la nostra disputa, così come Gesù prescrive.

Riconoscere la Chiesa o Scegliere le proprie Dottrine?

Ryan

Quindi sarebbe saggio verificare gli insegnamenti con la Scrittura solo prima di essere salvati?

Dopo, una volta entrato in una chiesa, dovrei credere ciecamente a qualunque cosa dica la autorità che ho scelto? Tra l’altro, questo non fa di me comunque l’autorità ultima, visto che sono sempre io a scegliere a che chiesa affidarmi?

Alfredo

È una domanda legittima, ma colpirebbe meglio una Chiesa che afferma la successione apostolica senza l’unità col successore di Pietro, come ad esempio le Chiese ortodosse. Non credo sia una osservazione pertinente al modello cattolico.

Noi crediamo che esista una sola vera Chiesa in continuità con quella fondata da Gesù; e che, come dichiarò in Mt 16:18, essa sia la Chiesa edificata sulla Pietra a cui diede le chiavi del Regno.

Matteo 16:18
E io a te dico: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa.

Il ruolo del credente è riconoscere che tale Chiesa esiste visibilmente. Non è una scelta di preferenza, come un protestante sceglie la propria congregazione, ma piuttosto un discernimento. E certamente, non è equivalente, sul piano epistemologico, ad interpretare ogni dottrina con le proprie lenti.

Se partiamo da una posizione agnostica, l’argomento per il cattolicesimo è persino meno oneroso di quello per una forma evangelica di «mere Christianity» – come lo definiva Lewis.

Lascia che ti illustri questo.

Percorso comune

  1. Entri in contatto con il cristianesimo, ed indaghi le sue origini.
  2. Leggi i documenti della Chiesa primitiva – Vangeli, Atti, Lettere, magari i testi dei Padri – trattandoli come semplici documenti storici; non considerandoli ancora testi divinamente ispirati.
  3. Concludi che la spiegazione migliore per quanto è storicamente affermabile sul cristianesimo, e per la sua esplosione, è che Gesù sia realmente risorto e sia davvero Dio incarnato. Questo è l’atto di fede principale, e che ci accomuna.

Poi le strade si dividono.
Nella strada che conduce al Cattolicesimo, concludi che Gesù intendesse fondare una Chiesa con Pietro al centro e gli apostoli come capi. Ritengo che questo possa essere affermato da una semplice lettura storico-biografica dei vangeli e degli atti, ed al più dei Padri. Nella strada per l’evangelicalismo protestante, concludi invece che non esiste una Chiesa visibile a cui affidarsi per ottenere chiarezza.

Cattolicesimo

  1. Cerchi una Chiesa con pretesa ragionevole alla successione apostolica e petrina. Davvero, ce ne è solo una.
  2. Ti sottometti a essa per progredire nella fede. Ricevi il canone, il Credo niceno, le dottrine fondamentali della fede, ed un Magistero vivo con una Tradizione millenaria.

«Mere Christianity»

  1. Decidi che la Scrittura è Parola di Dio – solo che Gesù non dichiara mai che il Nuovo Testamento lo sia – chiaramente non era possibile farlo – né consegna personalmente nulla di scritto, né comanda di scrivere le proprie parole. Se non riconosci la Chiesa come fondata ed ispirata da Dio, almeno la Chiesa delle origini, accettare il Nuovo Testamento come ispirato è un secondo atto di fede.
  2. In ogni caso, neppure stabilire quali parti dell’antico testamento siano ispirate ti sarà facile. Questo perché, se è vero che Gesù parla della Scrittura come Parola di Dio, è anche vero che al tempo gli ebrei non avevano un canone unico condiviso. Dunque non puoi identificare con sicurezza quali siano i libri di cui parlava Gesù. Di conseguenza anche il tuo canone veterotestamentario sarà adottato per fede.
  3. A quel punto, resta comunque a te discernere quali siano le verità di fede fondamentali e secondarie da riconoscere. Dovrai scegliere autonomamente quali tradizioni abbracciare, e se tutto va bene, adotterai il credo Niceno ed una visione trinitaria. Probabilmente aderirai a una chiesa senza particolare pretesa di autorità, adottando le sue tradizioni finché essa non diverga dalle tue aspettative. E questo, in fondo, è un altro atto di fede.

Quindi non c’è equivalenza fra il discernere quale sia la Vera Chiesa fondata da Gesù, e lo stabilire in autonomia l’intera realtà della fede, incluso il canone biblico e le dottrine fondamentali.

Potresti dire che non c’è bisogno di complicare le cose in questo modo, perché in fondo puoi affidarti alla tradizione protestante per ottenere un canone sicuro ed i fondamenti della fede. Tuttavia, nel momento in cui adotti questa posizione, stai scavando la fossa alla Sola Scriptura.

Vorrei chiudere con due note.

Prima di tutto, la sottomissione dell’intelletto alla Chiesa non uccide la ricerca teologica indipendente; al contrario, la rende possibile. La Chiesa non definisce tutto. C’è ampio spazio per sviluppi teologici ed apologetici o per nuove forme di evangelizzazione; e puoi attingere ad una massiccia storia di insegnamenti che nei millenni hanno costruito armonicamente con la Scrittura.

La Tradizione e il Magistero non sono una diga che blocca il fiume della teologia; sono gli argini che impediscono al fiume di disperdersi in una palude stagnante. È ciò che permette al fiume di continuare il proprio percorso.

In secondo luogo, sebbene non sia strettamente legato a ciò che stiamo discutendo, vorrei chiarire una cosa. Ho dichiarato senza remore che la Chiesa cattolica sia la Vera Chiesa fondata da Gesù; l’unica dove esista un vero e vivo Magistero. Ciò non significa negare che tu sia un fratello in Cristo, in comunione con la Chiesa che Lui ha fondato.

Questo perché la Chiesa non è primariamente un’istituzione visibile; è fondamentalmente una realtà metafisica. Indipendentemente dal tuo riconoscimento del Papa o dei vescovi, ti considero comunque parte della Chiesa e fratello nello stesso Corpo spirituale, in virtù della tua fede, del tuo evidente amore per Cristo e possibilmente del tuo battesimo e di ogni comunione sacramentale che hai vissuto. Ho pensato che fosse importante precisare questo perché so che dichiarare la Chiesa cattolica come vera Chiesa può suonare come diminutivo della tua realtà, ma ciò non è affatto quello che voglio trasmettere.

Ryan

Per questa sera, fermiamoci qui.
Francamente, non sono particolarmente convinto, ma ci penserò su. Quando avrò avuto il tempo di rifletterci, ti farò avere le mie impressioni.

Buonanotte!

Alfredo

Grazie della conversazione Ryan. Come al solito è stato interessante.
Attendo allora le tue riflessioni. Alla prossima!

Conclusione

In questo dialogo fra lo scrivente, Alfredo (cattolico), e “Ryan” (evangelico non-denominazionale) abbiamo esplorato:

  • Gerarchia ecclesiale: come la tripartizione vescovo-presbitero-diacono appaia già nella scrittura, seppur sfumata , e sia già definita nella sua forma gerarchica-sacramentale nel II secolo (Ignazio di Antiochia)
  • Autorità della Tradizione: il ruolo della Tradizione apostolica (παράδοσις) accanto alla Scrittura, necessaria a interpretarla e a delineare il canone biblico.
  • Limiti della Sola Scriptura: l’impossibilità di sostenere che «solo ciò che è esplicitamente nella Bibbia» definisca ogni verità teologica, e il rischio di ridurre la fede a un confronto individuale con il testo.
  • Via al discernimento: la proposta cattolica di riconoscere una sola Chiesa visibile, fondata da Cristo su Pietro e guidata dai suoi successori, come strumento di unità e protezione dall’errore.

Questo scambio mette in luce come fede, storia e ragione si intreccino quando si parla di autorità nella Chiesa. Se la struttura ecclesiale garantisce continuità e coerenza dottrinale, è anche vero che ogni credente è chiamato a un discernimento autentico, radicato sia nella Scrittura sia nella Tradizione vivente.

💬 Dite la vostra!

  • Quale aspetto vi colpisce di più?
  • Avete esperienze personali di dialogo simili?
  • Avete mai utilizzato la Scrittura come strumento per argomentare?
  • Quali temi vorreste fossero approfonditi nel prossimo articolo-dialogo?

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