Thomas Cole - Consummation. Una bianca città di calcare, ricca e gioiosa. Ovunque vi è santità, e feste sacre.

Lavinium, la Città Candida

Questo racconto fa parte delle Lettere di Martinius. Se non conosci la serie, comincia dal prologo.

Lavinium, 1 Maggio. A.D. 1800.

Martinius saluta i suoi Principi ed il suo Re.

Miei amati Farwic e Malwic,
Partii dalla nostra cara Aarburg quando ancora il gelo dell’inverno si aggrappava sui boccioli, ansiosi di schiudersi, degli alberi di pesco. Dopo quasi due mesi di viaggio, due giorni or sono ho raggiunto finalmente Lavinium, e già il pesco è sfiorito: qui, nella Città Eterna, esso ha ceduto il passo all’oleandro, al sambuco e all’olivo.

Vi auguro, miei cari principi, che i vostri impegni vi conducano un giorno qui a Lavinium. Fui qui all’età di Malwic, quando confermai la mia vocazione, e mai vi ritornai, ma non avevo dimenticato la bellezza del luogo, che così calorosamente mi ha accolto. La città pare quasi un simbolo della purezza e bellezza della nostra fede: il materiale da costruzione più comune è una pietra calcarea, bianca e pura, mentre gli edifici più ricchi sono realizzati in un marmo della stessa purezza, ma ancor più lucente.

La bianca Lavinium è vestita di grandi aiuole, ricche delle erbe aromatiche che qui, nel clima marino del sud, crescono rigogliose: erica, salvia, rosmarino, e lavanda. Il cappero e la vite selvatica occasionalmente si aggrappano ai mattoni calcarei, e qua e là si coltivano rose del colore del sangue, che appaiono come esotici gioielli al collo di una candida signora, vestita del verde della primavera. Dalle vaste piazze agli stretti vicoli, non v’è luogo dove non vi sia il bello. Ogni tanto, vi è una alcova ove riposa una icona o una statuetta dei nostri Santi, e persino nelle case più popolari si trova spesso un affresco, un bassorilievo, o una simile opera.

La sera, man mano che il sole affoga nel mare e si accendono le lanterne, il canto dei vespri riempie le strade, proveniente da ogni direzione, e si fonde col fumo e i profumi che dalle case si riversano nelle piazze, creando una aria quasi mistica.

Eppure nessuna di queste cose vale nel mio cuore quando i semplici campi di grano di Aarburg, che in questi giorni devono essersi tinti del rosso dei papaveri. Cari principi, noi uomini nasciamo con delle radici che affondano nella nostra terra natìa, e queste non possono mai essere recise.
Allorché mentre il Signore ci tesseva nel ventre di nostra madre, tramite lei egli intersecava nel nostro profondo essere ogni profumo, ogni alimento, la temperatura del sole e le energie della terra, l’umidità dell’aria e i suoni delle stagioni. Dovunque andrete, troverete che nessuna di queste cose è uguale a com’è lì, nel luogo che vi ha cullato nel vostro principio.

Figli miei, noi siamo cielo e terra, e mirabile è l’opera del Signore nostro che le ha fuse così magnificamente assieme. Pensate: qualcuno darebbe forse mai la vita per una terra straniera, per quanto magnifica essa possa essere? E quale viaggio, per quanto lungo e avventuroso, è mai dolce come quello che si conclude nella nostra casa? Così persino la bellezza di Lavinium non riesce a rinfrancare il mio animo dalle notizie che ora vi porto.

Mio Re e miei amati principi, è con tristezza che vi comunico l’ordine del Santo Ufficio: per diversi anni sarò lontano da Aarburg, poiché mi è stato affidato un lungo ed importante incarico.

Partirò per un lungo viaggio, facendomi capo di un gruppo di presbiteri e servitori che accompagneranno l’impresa, e sarò responsabile di visitare ciascuno dei Patriarchi di Eidoron, accertandomi dell’integrità della dottrina e della bontà dei costumi del luogo. Porterò la presenza del Sommo Patriarca, e laddove troverò delle lacune, mi occuperò di istruire i santi del luogo. Tra pochi giorni, risalirò a nord, verso Aquileia, e di lì prenderò il mare verso sud, per l’Anatolia, dove resterò breve tempo. Riprenderò poi il mare, e mi dirigerò a Ilion e a Teokonos, dove si distilla lo tsipouro. Di lì risalirò per raggiungere l’Iberia, e poi di nuovo per mare sino ad Albion.

Così continuerò, visitando tutti i patriarchi del nord, dall’occidente sino all’estremo oriente, a Xing e Yamato, scendendo infine nella terra di Shiva e seguendo di lì la via delle spezie sino a casa. Così vedrò tutte le terre del nostro Eidoron, che stanno al sud ed al nord delle Grandi Montagne.

La missione è un grande onore, a me affidato direttamente dal Sommo Patriarca, eppure non ne gioisco.

Le ragioni per cui ricada su di me un simile compito, che mi terrà lontano da Aarwic per diversi anni, mi sono oscure. Ritengo di non avere né gli onori né le capacità necessarie per assumermi un simile incarico; tuttavia, cari principi, vorrei che imparaste da me quando vi dico che non è posto degli uomini discutere le opere della provvidenza.

La volontà degli uomini, infatti, non può mai distorcere la strada di coloro i quali si affidano pienamente al Signore. Poiché se noi riponiamo la piena fiducia nella Sua volontà e ad essa ci conformiamo, allora egli, che tutto vede, troverà certamente le strade per guidarci ovunque noi dobbiamo andare. Solo coloro i quali rifiutano la guida del nostro Padre, e vagano nella vita cercando di costruire la propria strada da soli, si trovano alla mercé del caso.

Infatti l’uomo non può vedere più di due passi avanti a sé, e non può mai sapere se lungo la strada che intraprende si celi un ostacolo, ma Egli, che vede ogni cosa, spesso ci conduce fuori dalla strada battuta su sentieri che noi, con i nostri occhi, non avremmo mai potuto considerare sicuri, e così giungiamo alla meta.

Dunque obbedirò, come ho giurato, agli ordini del Santo Ufficio, e non tornerò più nella mia amata Aarburg se non fra molti anni. Non so quale disegno la provvidenza stia tracciando per me e per voi, ma prego ogni giorno che i vostri passi siano guidati dalla fede e dalla saggezza. Anche da lontano, rimarrò il vostro servitore e custode nel cuore. Ovunque andrò, vi scriverò ciò che vedrò, e le riflessioni che a vostro vantaggio mi riuscirà di fare.

In ogni lettera, vi istruirò sulle mie mete future: vogliate indirizzarmi lì ogni vostra risposta! A questo proposito, tra circa quaranta giorni raggiungerò Samara, e lì rimarrò per almeno altri quindici giorni, poi partirò nuovamente per Petra, che dovrei raggiungere all’inizio dell’autunno.

Mio Re, non passa giorno che non preghi per la compianta Anna, ed il mio cuore è gravato dal non potere essere accanto ai principi, conscio del vostro insanabile dolore. Voi siete il più nobile dei sovrani, e vi prego di agire come lei avrebbe voluto.

Miei dolci principi, studiate diligentemente e siate rigorosi. Rispettate vostro padre e seguite le istruzioni del nobile Folsted. Voi siete la gemma di Aarburg, il futuro radioso del nostro regno: non venite mai meno a questo gravoso compito, poiché molti sono pronti a dedicare la vita propria a sostenere la vostra, mentre sopportate questo fardello.

Con amore profondo,

Martinius Wyss.


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